Quattrocento anni di peperoncini (e anche un po’ di più)

Come i nostri visitatori sanno, da un po’ di tempo nelle nostre coltivazioni annuali dedichiamo grande spazio ai peperoncini. Questa volta, grazie anche agli scambi di semi con altri Orti Botanici, ne abbiamo 140 varietà diverse, e contiamo di aggiungerne altre in futuro.

Parte della collezione di peperoncini dell’Orto Botanico

Quello che pochi invece sanno, è che il rapporto tra l’Orto Botanico di Bologna e queste bacche piccanti non è affatto recente, risale anzi a secoli fa.

La stragrande maggioranza dei vari tipi di peperoncino appartiene a tre sole specie, Capsicum annuum L., Capsicum baccatum L. e Capsicum chinense Jacq., tutte caratterizzate dalla presenza di capsaicina, il composto chimico responsabile della piccantezza e presente in diverse concentrazioni a seconda delle varietà. Come tutte le specie del genere Capsicum, anche queste tre sono originarie dell’America tropicale; reperti archeologici hanno evidenziato che le popolazioni amerindie utilizzavano le specie selvatiche già prima del 7000 a.C. e la loro domesticazione, cioè l’utilizzo regolare in agricoltura, è avvenuta tra il 5000 e il 3000 a.C. I peperoncini sono quindi tra le prime piante coltivate nelle Americhe, ed è grazie a questo lungo periodo di domesticazione che si sono ottenute le numerosissime varietà diverse oggi esistenti, varietà che secondo alcuni esperti sono ormai più di 50.000.

Il successo dei peperoncini in Europa, dove arrivarono con uno dei viaggi di Colombo, fu immediato, tanto che già nell’Erbario di Ulisse Aldrovandi, realizzato nella seconda metà del ‘500, sono presenti peperoncini di forme e dimensioni diverse. È probabilmente la prima testimonianza di un interesse che avrebbe legato il nostro Orto Botanico e i peperoncini nei secoli successivi.

Capsicum - Erbario Aldrovandi
Campioni di Capsicum annuum nell’Erbario di Ulisse Aldrovandi

Questo interesse viene ufficializzato nel 1630 da Bartolomeo Ambrosini, allora Direttore del nostro Orto Botanico, che in quell’anno pubblica un piccolo libretto intitolato “De Capsicorum varietates cum suis Iconibus Brevis Historia”.

In esso Ambrosini ci informa che grazie alle cure del giardiniere Paolo Gatti l’Orto Bolognese poteva vantare ben 30 varietà diverse di peperoncini. Il fatto risultava talmente eccezionale che Ambrosini organizzò pubbliche lezioni in cui mostrava le piante, e corredò l’opera di una grande tavola in cui venivano illustrate le 30 varietà.

Oggi ci può sembrare poca cosa, ma le trenta varietà erano state ottenute in poco più di un secolo da una pianta che prima della scoperta delle Americhe era completamente sconosciuta in Occidente. Era solo l’inizio di un intenso lavoro di coltivazione e selezione che nei secoli avrebbe portato all’enorme numero di varietà esistenti oggi.

Ci lasciamo con una curiosità: tutti noi sappiamo bene che ci sono peperoncini più o meno piccanti. Ma come si misura la piccantezza? Oggi esistono metodi molto sofisticati e scientificamente accurati, come l’HPLC ( la sigla per “Cromatografia Liquida ad Alta Prestazione” in Inglese) ma continua a essere usata anche la Scala Scoville, che prende il nome dal suo ideatore, lo statunitense Wilbur Scoville; il valore della scala indica di quante volte occorre diluire un estratto di peperoncino per non avvertire più il senso di piccante. Il metodo è forse eccessivamente soggettivo ma ha un suo fascino: il Carolina Reaper, considerato il peperoncino più piccante al mondo, ha un valore di 2.200.000, il che significa che per non sentirne più la piccantezza una sola goccia di estratto deve essere diluita in più di 100 litri di acqua (quasi un’intera vasca da bagno).

Seguiteci! Diciassettesima parte

KOELREUTERIA

Ha ormai perso tutte le foglie. Sulla pianta rimangono i frutti, simili a piccole lanterne triangolari, molto leggere. Sono formate da tre parti di consistenza cartacea, che si separano e vengono disperse dal vento, assieme ai semi scuri all’interno.

Ve la mostriamo nelle due tavole di Giulia Caliò, che oltre ai frutti ha correttamente illustrato i due tipi di foglie caratteristici della specie: quella a destra è semplicemente composta, quella a sinistra doppiamente composta.

Koelreuteria-sezione

Koelreuteria

 

CRITTOMERIA

Le pigne si stanno aprendo, liberando i piccoli semi


ALBERO DELL’UVA PASSA

Molti grappoli stanno cadendo. I frutti veri e propri sono le sferette all’apice delle ramificazioni ingrossate: sono frutti secchi (cioè non carnosi), e contengono semi grandi come una piccola lenticchia.

Albero dell'uva passa - frutti e semi.JPG